Il dibattito aperto tra i sostenitori delle proteine animali a discapito di quelle vegetali è questione attuale e davvero spinosa. E’ una grande fatica per me intrufolarmi in questo argomento perché ne voglio parlare, ma non mi interessa prendere una posizione nei confronti di nessuna delle due fazioni. Vorrei invece andare oltre il dibattito di quale scelta sia migliore. Mi spiego meglio.
Come moltissimi della mia generazione vengo da una famiglia di onnivori per i quali gli ortaggi sono sempre stati solo e soltanto un contorno. Pur essendo sempre esistito il vegetarianismo, bisogna ammettere che il grande seguito dimostrato negli ultimi decenni a livello mondiale, da noi in Italia è cosa piuttosto recente. E l’attitudine mentale che risiede dietro la scelta del vegetarianismo è di carattere a volte etico, più spesso salutistico o un insieme delle due visioni. Ne scrive questa mattina anche Il Corriere della Sera che pubblica un articolo sul tema. I dati parlano da sé: il 92,9% della popolazione è onnivoro, solo il 7,1% è vegetariano o vegano. Di questi ultimi il 31% dichiara di aver scelto questo tipo di alimentazione per rispetto verso gli animali, il 24% per motivi di salute.
Io credo che la scelta che uno può compiere verso un’alimentazione vegetariana o vegana invece di onnivora è davvero una questione molto personale che deve fare i conti con le abitudini, la salute, scelte di vita più ampie, insomma non mi sento nemmeno di condannare chi preferisce continuare a consumare cibi animali. Non ho ancora conosciuto persone della mia età – parlo quindi di over 40 – che sono vegetariane o vegane perché i loro genitori lo erano e gli hanno trasmesso questo tipo di educazione alimentare. Ci saranno di sicuro, ma bisogna ammettere che sono delle mosche bianche! Mentre ne ho conosciuto molte che lo sono diventate e che ora educano i loro figli di conseguenza.
Quello che mi interessa prendere in considerazione è la consapevolezza, cioè il momento in cui una persona inizia a riflettere sulle proprie azioni come consumatore e incomincia a farsi domande. Guardate che questo prezioso momento è quello che nella maggior parte delle persone ha determinato una svolta, in questo come in altri campi. Non sto parlando quindi di chi ha deciso di eliminare la carne e il pesce per disgusto o perché sconvolto dal pensiero della sofferenza inferta agli animali, ma di coloro che in un preciso istante della loro vita da consumatori si sono fermati un attimo a riflettere: magari sono partiti dall’aspetto medico della questione leggendo che troppe proteine animali sono nocive per la salute, oppure hanno voluto informarsi sui metodi di allevamento. In ogni caso hanno iniziato ad aprire la loro coscienza alla domanda: che cosa sto mangiando?
Ecco, questa domanda apre le porte al consumo critico e consapevole.
E’ il mio percorso, è da qui che sono partita. E non è una strada diritta e tutta in discesa perché comporta uno sforzo quotidiano che fa a pugni con abitudini, tempo e via discorrendo. Ma ritengo che in questo percorso ci siano vari step evolutivi che hanno bisogno di tempo di assimilazione variabile per ciascuno. Ecco perché in questo blog mi piace l’idea di parlare a chi è già un convinto sostenitore di Gruppi di acquisto, di vegetarianismo e consumo critico, ma anche e soprattutto a chi è in fase per così dire di trasformazione, a chi non vuole rinunciare completamente alle proteine animali ma non vuole essere neppure un “sordo consumatore”. Il consumatore che definisco sordo è il consumatore medio, quello che va al supermercato, con o senza lista della spesa, e acquista secondo desiderio o necessità, senza leggere le etichette, senza informarsi sugli ingredienti né sui metodi produttivi, sulla tracciabilità. E’ sordo perché nonostante gli venga detto ormai in molti modi che lui può far cambiare il mercato dell’offerta perché può scegliere, non ascolta e non è interessato a porsi ulteriori domande.
Se esiste, come esiste, un mercato di proteine animali, almeno che l’allevamento e la macellazione di questi animali sia conforme ad un protocollo rigido, che rispetti la qualità di vita degli stessi. Esiste un modo per iniziare il cambiamento ed è rappresentato anche dagli acquisti consapevoli. Nei G.A.S. si sceglie di acquistare solo da piccoli e medi allevatori che sono certificati biologici non solo per gli alimenti o le cure mediche che somministrano al loro bestiame, ma anche per il metodo di allevamento, il luogo fisico in cui vengono allevati gli animali, i tempi e metodi di macellazione; si va a trovarli e si visitano le fattorie. Dopo di che la scelta del consumo è personale, ma come G.A.S. noi per esempio ci siamo dati delle regole precise: ordini solo ogni due mesi per le carni avicunicole, ogni tre-quattro mesi per il manzo. E l’attitudine mentale inizia a cambiare perché non ti è più permesso di acquistare solo il filetto e la trita ma devi ordinare un quantitativo di tagli misti perché il consumo critico è anche questo: l’animale macellato va consumato tutto, non solo i tagli nobili che della bestia costituiscono il 10% al massimo!
Ecco perché in questo blog ci sono moltissime ricette vegetariane e vegane, ma anche ricette a base di pesce, carne e uova: perché la prima scelta che si può compiere è quella di consumare meno e meglio, per noi e per l’ambiente. Il resto arriverà col tempo.
Condivido il tuo percorso, rimuginavo la cosa da tempo, ma la decisione ĺ’ho presa in marzo. Sono stata ad una serata vegana, dove però si evidenziava un aspetto troppo umanizzato degli animali. Ho mangiato carne per più di 50 anni, penso ora di poterne fare a meno. È faticoso anche perché in famiglia non condividono questa scelta, ma quando penso agli allevamenti intensivi o allo spreco di risorse sono contenta di sapere di non fare parte di questo meccanismo.
Già Barbara, la strada è faticosa e come dicevo non sono nemmeno sicura che sia giusto imporla – per esempio in famiglia – o criticare chi non la segue : visti i dati statistici mi pare già un ottimo risultato che si consumino meno proteine animali e che si acquistino da realtà maggiormente attente a tutelare allevamento e ambiente, oltre che salute.